di Mila Spicola
Perdonatemi se mi soffermo ancora, e diffusamente, sull’argomento. Non è tanto per spiegare agli altri la mia posizione che mi attardo, del resto a chi interessa? Ma per chiarirla a me stessa. Espongo i miei di pensieri. Poi, magari, qualcuno, che abbia la pazienza e la voglia di leggerli, confutandoli, mi aiuta a focalizzare meglio le riflessioni.
Qualcuno mi dice “il PD va nelle braccia di Orlando perché ha paura di straperdere”, oppure “il PD va nelle braccia di Orlando perché non ha un candidato”. In un’ottica nemmeno tanto nascosta di puri tatticismi e sterili strategie, potrebbero farsi queste domande, e la risposta sarebbe “Sì, è vero”. Anche se è apparentemente sincera, è un’ottica ipocrita.
Perché mi rendo conto che, a volerla analizzare da un punto di vista più ampio, politico, non tattico o strategico, il PD a Palermo ha già straperso, l’assenza di un candidato è sintomo, non causa.
Ha straperso perché in questi anni è stato assente dalla città, è stato assente dal dibattito politico reale, è stato assente come voce narrante.
Qualcuno mi dirà che i consiglieri hanno lavorato benissimo in consiglio e han fatto tante battaglie. È vero. Qualcuno mi dirà che presidenti di circoscrizione e consiglieri di circoscrizione sono attivissimi e per strada a rispondere ai problemi del cittadino. È vero. Qualcuno mi dirà che i circoli sono stati attivissimi, riunendosi, discutendo, animando riflessioni e portando nei circoli problemi. È vero. Qualcuno mi dirà che i nostri deputati regionali, i nostri assessori, i nostri deputati nazionali, i nostri sottosegretari, ciascuno nel suo ambito, si attivano incessantemente per il bene comune di questa città. Vero.
Senza partito, però. La politica di un partito non è discutere a parte e a compartimenti stagni. Chiudersi in un consiglio, girare per la strada e incontrare ora questi ora quelli, singolarmente, chiudersi in un circolo, e far morire tutto là (non per responsabilità del circolo attenzione), chiudersi in un assessorato, organizzare la propria iniziativa per raccontare le magnifiche sorti e progressive, attenzione, legittimo e necessario, ma non fa partito se a quel partito non si relaziona, se non si trovano le modalità, non dico di decidere, ma anche solo di socializzare nel partito progetti, azioni e scelte.
La politica di un partito è mettersi tutti intorno a un tavolo, a confrontarsi per mediarli punti di vista diversi ma legittimi e poi farne battaglia pubblica, a relazionare agli altri quel che s’è fatto. E a procedere.
Se nessuno dei livelli di cui sopra lo ha fatto è perché non ritiene che sia utile, è perché ritiene che fare partito significa fare la sua parte nel suo angolo. Ritiene che sia inessenziale e non si fida o affida al partito come luogo della discussione su tutti e con tutti i livelli.
Ritiene il suo partito solo un simbolo è una lista dove candidarsi, o dove sostenere il suo candidato. Per il resto, poca fiducia, anzi, diffidenza, nel “collettivo”. Parola antica? Le parole sono importanti, il PD a Palermo non è un collettivo, è una somma maldestra di monadi, a partire da chi scrive. Di chi la responsabilità? Di tutti, a partire da chi scrive. Di grazia, perché dovrebbero allora affidarsi e fidarsi i cittadini, di un PD siffatto? Continuano a fare quello che gli abbiamo detto di fare: affollare segreterie o eventi dei singoli. Disertare gli eventi del PD.
E allora, lo ripeto, il PD non ha un candidato perché non ha un partito. Il problema è il candidato?
Il M5S, non a Palermo, ma in Sicilia, rischia di vincere non perché ha un candidato, ma perché ha un partito. Non mi appartiene, ma ha una visione, ha un metodo, chiaro, ha un programma, ha un modo di coinvolgimento delle persone, ha una presenza che non si esaurisce nella presenza individuale, anche noi lo siamo, presenti, ma non si sostanzia nel far riferimento ad un’unità d’intenti.
Per carità, intenti, quello grillino, che non mi trovano concordi, populistici, demagogici, qualunquistici, ma sono un molosso unitario e chiaro. È quello che, volenti o nolenti bisogna ammetterlo, dovrebbe essere un partito.
Non dico unico, ma unitario. E spero si comprenda la differenza. Unitario quanto meno nella diffusione delle informazioni che da organismo a organismo si producono, e nel non considerare compartimenti stagni gli organismi, sennò l’attività politica comune si sterilizza.
Perché un cittadino comune, che non vuole fidelizzarsi a una persona ma a un partito, a una storia e a dei valori, dovrebbe avvicinarsi al PD? Tu con chi sei? Con Lupo? Con Cracolici? Con Faraone? Per carità, domande legittime che posso farmi da sola, ma il partito dov’è? Cos’è per il cittadino comune? Un servizio a domanda individuale o un luogo di costruzione collettiva in cui le “aree” sono luogo di ricchezza e di discussione. In cui, non a prescindere da cui.
Allora, partiamo dalla politica, non dai tatticismi o dalle strategie senza politica o dai burocratismi delle mozioni e dei documenti (che, se in assenza di altro, sono i vestiti del morto).
Il PD a Palermo vince se riesce a unire i fili, le fila, le file. Le cinghie di trasmissione. C’è modo, c’è metodo, c’è storia, c’è tradizione. Ci sono persone. E ci sono memorie, comuni, che sono importanti. Ci sono livelli, ci sono organismi, ci sono momenti, ci sono obiettivi. Vanno uniti. Vanno uniti.
Tutto questo serve per costruire e offrire una visione vera e non posticcia o strumentale di Palermo, che dia identità ai palermitani, non spettacolo alla stampa ( che quando va bene fotografa le carenze e quando va male diventa coprofila, che vuol dire? Ai curiosi lo spiega Papa Francesco in questo articolo.
La domanda che ci fanno per strada oggi è solo: “allora andate con Orlando?” Perché temono di farne altre: che vuoi fare, PD, per questa città? Ma, chi sei, PD, in questa città? Senza offesa per nessuno, nessuno nel mio partito si senta offeso nella sua azione personale, meritoria, ma come forza collettiva, come partito, a Palermo siamo a meno del 10%.
Ecco, trovare un luogo di confronto comune, che unisca tutti i livelli del partito, per formulare una risposta credibile prima a noi che agli altri, perché siamo noi per primi a non credere nel partito, è già fare politica. A parte nelle prime due righe non ho nominato il candidato. E non è un caso.
Non ci manca un candidato, ci mancano un’organizzazione e una visione organica di partito. Utile a disegnare una visione organica e un campo largo di soluzioni e di progetti nuovi per Palermo. Ripartire di circoli è stata una proposta, avanzata da noi della base, come collettivo, su idea di un segretario di circolo che ha interpretato simili desideri anche degli altri circoli. Non basta. Ma c’è. Molti non l’han compresa, ma c’è.
Costruire le cinghie di trasmissione. Senza cinghia di trasmissione la macchina può avere un motore, un volante, dei freni, l’acceleratore, … può essere pure la Ferrari. Può pure avere una guida, un candidato, un segretario, un dirigente di partito. Ma non parte.
In copertina. Piazza Pretoria e il Municipio di Palermo. Foto di Giusi Andolina.
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