28 Marzo 2024

3 thoughts on “La Rivolta del Sette e Mezzo (1866): una doverosa riflessione a Palermo. Ma che sia per una cultura di pace

  1. La riflessione di Gabriele Bonafede richiederebbe un lungo commento, impossibile per ovvi motivi. Gli chiedo però tre chiarimenti relativi ad altrettanti punti del suo intervento, senza alcuno spirito polemico. Punto 1. Dal 1876 al 1900 gli emigrati siciliani furono 226.449, contro i 709.076 del Piemonte ed i 519.100 della Lombardia. Che la rivolte del 1866, sviluppatasi a Palermo e provincia, sia stata la spia di un malessere profondo è ovviamente indiscutibile: una sua relazione diretta con l’avvio dei processi migratori mi sembra molto incerta. Punto 6. Su Bronte ricordiamo sempre i condannati dal Tribunale straordinario: per una migliore comprensione, non dovremmo ricordare che le condanne – e non discuto qui se comminate nel rispetto delle procedure previste – furono pronunciate per gli omicidi compiuti nei giorni precedenti ? Punto 8. Il colera del 1866 fu portato a Palermo proprio dalle truppe giunte per reprimere la rivolta. La precedente epidemia aveva colpito l’isola nel 1854-1855.
    Mi scuso per la lunghezza. Cordialmente
    Augusto Marinelli

    1. Grazie per il commento con benvenute precisazioni. Il mio articolo è necessariamente molto sintetico e non può in nessun modo essere considerato come il risultato di una completa ricerca storica. Accetto dunque le critiche su questo piano. L’idea è solo un contributo al dibattito sulla rivolta del 1866. Dibattito che, nuovamente, penso sia utile ampliare in una prospettiva di discussione pacifica e di crescita culturale. Con tutti i limiti e la limitata precisione di un piccolo articolo. Rispondo quindi alle domande. Punto 1. Sul discorso degli emigrati, siamo d’accordo. Vero, l’emigrazione siciliana fu molto più forte nei decenni successivi. Va anche sottolineato, però, che l’emigrazione dalla Sicilia, per quanto inizialmente meno numerosa, iniziò ad essere di una certa consistenza dopo l’Unità d’Italia, laddove, prima, se c’era, era molto limitata. Questa prima emigrazione era rivolta soprattutto alla Tunisia e non all’America. Forse per i limitati mezzi a disposizione dei siciliani per andare altrove? Punto 6, su Bronte, Credo sia illuminante a proposito il libro di Lucy Riall. E che ci siano elementi per dire che, se da un lato la situazione della Sicilia (e di Bronte in particolare) fosse quella che era, è però vero che Bixio usò la mano pesante, com’era d’altronde nell’atteggiamento dell’epoca. Va quindi ricordato che, oggi come allora, la pena di morte è la cosa più sbagliata che possa esserci per avanzare civilmente. Anche quando la si vorrebbe quale pena per omicidi o peggio. Punto 8. Il colera. In realtà, il colera del 1866 era già presente nel Mediterraneo e in Sicilia prima della rivolta, sebbene in maniera limitata. Ovviamente, in una situazione sanitaria aggravata da una rivolta di quelle dimensioni, e dal modo con la quale fu soppressa, i limitati focolai si trasformarono in un’epidemia molto più grave in città. Grazie ancora. Con cordialità, Gabriele Bonafede

  2. Gentile dottor Bonafede, la ringrazio per la sua cortese risposta. Mi permetto comunque di rubarle, se ne ha voglia, ancora due minuti di tempo. Sul “sette e mezzo” io ho un’opinione un po’ eterodossa, che espongo sempre con cautela perché fondata esclusivamente sulla bibliografia e non su ricerche dirette. Noi leggiamo sempre quella rivolta come un evento singolo. Dimentichiamo, a mio avviso, che due anni prima del settembre palermitano c’era stato un altro settembre, sia pure di intensità, durata e violenza molto inferiori a quello: il settembre di Torino, in quel momento ancora capitale del nuovo regno. Vi era insomma una profonda difficoltà a comprendere, affrontare e risolvere il problema centro-periferia, difficoltà che assumeva ovviamente connotati diversi a seconda delle situazioni particolari.
    Era un problema solo italiano? Gli anni Sessanta dell’Ottocento cominciano con la spedizione garibaldina ma si chiudono con la Comune di Parigi e comprendono la “guerra fra gli stati”, quella che noi chiamiamo “guerra civile americana”.
    Non voglio rubarle altro tempo. Cordiali saluti
    Augusto Marinelli

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